Prima di leggere l’articolo, se ancora non l’avete fatto, vi prego di leggere il seguente post che spiega come e’ stata strutturata nell’insieme, l’analisi della sentenza:
per leggere l’articolo clicca qui–> LA CONDANNA IN APPELLO DI ANTONIO LOGLI: UNA PREMESSA METODOLOGICA ALLA LETTURA.
Scartata quindi ogni altra ipotesi alternativa, per i giudici non resta che una interpretazione dei fatti: Roberta Ragusa è stata assassinata.
Ed è a questo punto che la sentenza si focalizza sugli elementi indiziari a carico di Antonio Logli:
L’imputato è attinto da una lunga serie di indizi convergenti e rilevanti in ordine all’omicidio della moglie. Senza che lo sforzo difensivo concentrato a confutare la pregnanza di taluno di essi, si sia espanso nella direzione di formulare alcuna alternativa ricostruzione globale della vicenda, che ne escluda la responsabilità. L’efficacia delle obiezioni dell’appellante è commisurata al tasso di inclusione nell’ambito dell’ alternativa ricostruzione, di un significativo numero di elementi consegnati dall’istruzione.
Come è noto invece l’imputato, non appena iscritto nel registro degli indagati, non ha inteso fornire alcuna allegazione in ordine alle consistenti contraddizioni che si venivano palesando, scegliendo di non assoggettarsi ad esame, ed affidando alla difesa tecnica come anzidetto la semplice confutazione frazionata degli argomenti accusatori, senza formulare alcuna valida ipotesi che consenta il superamento delle aporie progressivamente registratesi in ordine alla scomparsa della moglie e al mancato ritrovamento del suo cadavere.
Scelta legittima, ma che di fatto non consegna al giudicante alcuna compiuta versione difensiva.
Ciò premesso occorre procedere all’analisi degli elementi indiziari alla luce dei rilievi dell’appellante, fermo restando che saldandosi la motivazione di primo grado con quella della sentenza d’appello, per quanto non espressamente illustrato in questa sede si devono intendere condivise le argomentazioni poste in primo grado.
a) Comportamento Logli.
Come sopra anticipato la denuncia di scomparsa è stata proposta alle ore 13.34, dopo aver informalmente telefonato a un maresciallo di sua conoscenza. Già nella denuncia sono contenuti degli clementi che ben presto si riveleranno non rispondenti al vero e scarsamente compatibili con il sincero intento di orientare al successo le ricerche per ritrovare la moglie: l’imputalo si guarda bene dal fornire agli inquirenti informazioni adatte a ricostruire le cause e l’occasione della scomparsa, riferendo, contrariamente al vero, che i rapporti con la moglie sono buoni che essa non è depressa. Afferma subito che I’ allontanamento si giustificherebbe con la perdita di memoria dovuta a un incidente domestico occorso per riporre dei cartoni in soffitta, che la moglie si è allontanata in pigiama, e addirittura, a suffragio della tesi della perdila di memoria della donna, che la moglie gli avrebbe confidato di aver perso dei soldi e di averli poi ritrovati in casa.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa è dunque proprio il Logli ad introdurre la spiegazione causale della perdita di memoria, non certo i Carabinieri. Il giorno prima della scomparsa, la moglie era andata dalla dr. O. che aveva escluso lesioni del sistema nervoso. Il maresciallo scrive difatti nel primo rapporto di aver sentito a lungo informalmente il marito e la dott.ssa e in base alle informazioni ricevute, di aver cominciato ad indirizzare le indagini verso l’allontanamento volontario.
Questa versione sarà sempre sostenuta e accreditata dall’imputalo anche nelle sommane informazioni successive rese in data I 5 e 16 gennaio, ribadendo in quella sede che la moglie poteva essere stata vittima di perdita di memoria a causa dell’incidente domestico. Nelle sit del 16 gennaio si ricostruiscono più in dettaglio gli eventi della serata, il marito afferma che verso le 23 era andato in autoscuola, poi era tornalo a casa e si era recato in soffitta ( da dove come poi si accerterà aveva chiamalo più volte l’amante). Affermava di aver visto la moglie in cucina, di essere poi andato in camera, portando la figlia A. via dal lettone e di essersi messo a dormire verso mezzanotte; si sarebbe poi svegliato alle 6.45 costatando l’assenza della moglie.
Viceversa è certo che tale versione non risponde al vero: dai tabulati emerge come quella sera l’imputato avesse intrattenuto o ben tre telefonate con S. . La prima chiamata inizia alle 23.08 e finisce alle 23.52; poi alle 23.56 e dura fino alle 00. l 6; la terza chiamata è delle 00.17 e dura 28 secondi. Non è dunque vero che il Logli sia andato a dormire a mezzanotte e quindi non è quella da lui descritta l’occasione nella quale ha visto e parlato per l’ultima volta con la moglie .
b) la relazione con l’amante:
l’imputato ha anche mentito nell’ affermare, subito dopo la scomparsa, che non vi erano relazioni extraconiugali, che il rapporto coniugale era sereno enfatizzando le doti della moglie e affermando che era loro interesse proseguire la convivenza per allevare in serenità la prole. E’ egualmente accertato ( v. anche sit C.S.) e ben descritto anche nella motivazione di primo grado, che il Logli si risolse a riferire il vero agli inquirenti solo su sollecitazione della C.S., allarmata e a sua volta consigliata da terzi.
Anche tale omissione è estremamente significativa sotto il profilo indiziario: se si fosse trattato di allontanamento volontario la causa non avrebbe potuto essere più plausibile ed ordinaria di questa, e l’imputato non avrebbe avuto interesse alcuno a mentire, ma piuttosto a riferire immediatamente della crisi coniugale in atto.
La spiegazione opposta dalla difesa a tale reticenza, l’aver egli teso a proteggere l’amante, è palesemente illogica. A prescindere dalla circostanza della recessività di tale preoccupazione rispetto al prioritario e cocente obiettivo della ricerca della persona scomparsa, si tratta all’evidenza di motivazione pretestuosa. Se avesse detto il vero non di divulgazione si sarebbe trattato, bensì di informazione resa esclusivamente alle forze di polizia che sono tenute al riserbo; peraltro l’ “intento di riservatezza” è in stridente antitesi con la condotta immediatamente tenuta dal Logli che come emerge abbondantemente dall’istruzione dibattimentale, non ha esitato a rendere pubblica e notoria a tutti la relazione sentimentale, intraprendendo immediatamente la convivenza more uxorio con la C.S. nella casa coniugale.
La spiegazione difensiva è dunque clamorosamente contraddetta dai fatti. La ragione di tale agire va dunque ricercata altrove e non può che identificarsi con l’esigenza di stornare da sé ogni possibile motivo di sospetto, occultando un plausibile movente in relazione alla scomparsa della moglie.
c) La condotta dell’imputato all’indomani della scomparsa:
Nella medesima direzione si collocano le iniziative assunte dal Logli la mattina successiva alla scomparsa della moglie, non suscettibili di alternative interpretazioni. E’ certo che l’imputato prima ancora di denunciare la scomparsa, la mattina presto, si premura di informare proprio la C.S. : ve ne è riprova nelle sommane informazioni della donna e dalla lettura dei tabulati telefonici. Il Logli non si limita a rinviare l’impegno di trascorrere insieme la mattinata, come riduttivamente spiegato dalla difesa, ma oltre ad annunciarle la scomparsa della moglie, le chiede di buttare via il telefono con cui si sentivano in clandestinità. È emerso difatti dall’istruttoria che i due amanti avevano dei cellulari “dedicati” per le comunicazioni riservate.
Anche tale condotta è incongrua con la spiegazione difensiva, (protezione della giovane amante) e non è altrimenti spiegabile se non con l’intento, preventivamente difensivo, di eliminare la possibile prova di un movente per l’omicidio.
Tali cellulari difatti erano utilizzati esclusivamente per coltivare la relazione sentimentale di cui nessuno fino ad allora conosceva l’esistenza ( cfr anche sit genitori), dunque e a maggior ragione la presenza del cellulare non poteva costituire una minaccia per lo scopo cli riservatezza che l’imputato, a dire della difesa, si proponeva. Il Logli nell’intimare al mattino presto, alla ragazza cli disfarsi del cellulare, prima ancora di denunciare la scomparsa della moglie, non poteva che aver paura solo di accertamenti invasivi che avrebbero potuto essere svolti esclusivamente dalle forze dell’ordine a seguilo di approfondimenti investigativi eccedenti rispetto allo scopo cli ricerca di una persona scomparsa, ma coerenti con un ‘indagine ad ampio spettro, quale quella per I’ omicidio. Il senso è rafforzato dal collegamento con la seconda breve telefonata fatta alla C.S. in presenza del M. , per creare l’apparenza, a prova di testimonianza, che non vi fossero stati altri preventivi contatto con la C.S., e che la notizia fosse stata quella ufficiale dovuta ad una dipendente; tuttavia l’intento di celare la confidenzialità della relazione non riuscì appieno visto che, per la brevità della comunicazione il M. ebbe a sospettare e riferire agli inquirenti di aver avuto l’impressione che la C.S. non fosse sorpresa, come se già lo sapesse.
Si tratta dunque di elementi coerenti solo con uno scopo diverso dal dichiarato di coprire tracce di un possibile movente, nella illogicità di ipotesi alternative.
d) L’incidente domestico:
Anche dalla ricostruzione di tale evento affiorano dati di consistente carica indiziaria. La dott.ssa O. visita la donna in data 13 gennaio senza riscontrare alcunché di rilevante e dopo che la donna, nei tre giorni ormai decorsi dall’incidente, come emerge dal suo diario, ha svolto le sue routinarie occupazioni astenendosi solo dal recarsi in palestra. Ma il medico riferisce anche che la paziente si lasciò andare a inconsuete confidenze sul l’accaduto affermando che iI marito aveva provato a ucciderla, dimostrandosi adirata e rilevando la strana dinamica dell’incidente, e in particolare, contrariamente a quanto riferito dal Logli secondo il quale entrambi stavano riponendo in soffitta i pacchi natalizi, la donna avrebbe riferito che il marito l’aveva chiamata perché il pacco gli stava sfuggendo dalle mani, e aveva asserito che, salita a sua volta di alcuni gradini per impedire la caduta della scatola, il marito perdeva l’equilibrio facendola cadere a terra e cadendo su di lei.
La Ragusa aveva rappresentalo al medico che la procedura di movimentazione del pacco era anomala perché di solito si utilizzava un’imbracatura di corda, cosa che in quel frangente non era stato fatto, e aveva affermato che la scala era in una posizione inconsueta dalla quale derivava una minore stabilità. Roberta aveva quindi esternato chiaramente il dubbio che il marito si fosse comportato di proposito in modo maldestro per arrecarle danno e aggiungeva che gli aveva rinfacciato di volerla ammazzare. Essa si era poi palesata timorosa per le ripercussioni economiche di una possibile separazione, poiché la casa d’abitazione era di proprietà del suocero. La O. precisava che prima di questo episodio essa non era mai stata destinataria di alcuna confidenza dalla paziente.
– Teste B. P. : Roberta le aveva confidato che il marito era caduto dalla scala in modo strano e che pensava che egli avesse provato ad ucciderla. In particolare riferiva la teste di aver appreso che: “mentre sorreggeva la scatola con le due mani benché fosse in alto, il marito perdeva l’equilibrio appoggiando le sue mani sulle spalle della moglie, facendola cadere sul pavimento, mentre l’uomo cadeva anch’esso sopra e comunque nelle immediate vicinanze”.
La Ragusa aveva inoltre confidato all’amica che in una circostanza lo aveva sorpreso a telefonare di notte e nutriva sospetti sull’identità dell’amante; per questo aveva intimato al Logli di troncare la relazione extraconiugale altrimenti lo avrebbe messo alla berlina.
Roberta le aveva confessato che il marito le diceva di non amarla più ma di desiderarla solo dal punto di vista fisico.
– Teste M. C.( moglie del teste F. M., sentita a sit il 19 agosto 2012) : Roberta si lamentava con una certa acredine del distacco e dell’avarizia del marito, le parlò della caduta, dicendole che il marito l’aveva quasi uccisa, ma senza farlo di proposito. Roberta affermava che aveva bisogno di parlarle perché era a disagio e non dormiva da due giorni tanto che avevano fissato cli vedersi nel pomeriggio del successivo 17 gennaio, Roberta era mollo devota ai figli e non si sarebbe allontanala da lui.
Insomma dalle testimonianze sull’incidente domestico, peraltro riportato nel diario della Ragusa con i significativo titolo ” Tragedia della caduta dalla scala”, emerge che la donna aveva conferito all’evento un significalo intenzionalmente lesivo, (il marito – secondo la P.- le aveva appoggiato le mani sulle spalle); l’evento l’aveva molto turbata tanto che confessava alle amiche di non dormire e aveva manifestato il bisogno di fissare un incontro con l’amica C.; insomma il dato certo è che la Ragusa nutriva un grave sospetto per la stranezza della caduta, tanto da essere inquieta sulle reali intenzioni del marito, senza tuttavia pensare ad un suo immediato allontanamento visto che, come ancora una volta si deve evidenziare, aveva fissato impegni incompatibili con I’ intento di allontanarsi clandestinamente, tra cui proprio l’appuntamento con l’amica C. il martedì successivo, alla quale aveva espresso la necessità di parlarle.
Nel mentre anche la relazione Logli-C.S. era ai ferri corti perché l’amante non accettava più il ruolo secondario e clandestino interpretato per anni. Dalla deposizione della C.S. era emerso che la relazione si era interrotta per qualche tempo, nel dicembre, di fronte alle sue pressioni affinché il Logli assumesse una posizione di chiarezza, iniziativa che l’uomo era restio ad intraprendere temendo le conseguenze di carattere economico derivanti dalla necessità di districare i vincoli di carattere patrimoniale che lo legavano alla moglie.
e) Le ricerche:
Scarsamente coerente con lo scopo cli ritrovare la moglie è la condotta mantenuta dall’imputato sul versante delle ricerche. L’imputato ha asserito nei verbali di sommarie informazioni testimoniali del 15 e del 24 febbraio 2012 di essere uscito di casa nell’imminenza della scoperta dell’assenza della moglie, facendo una serie di giri nel tentativo di rintracciarla, senza tuttavia riferire con precisione dove si si sia recato data la concitazione del momento ( per quanto non particolarmente significativo, va registrato per esattezza che egli non ha neppure negato la possibilità che si fosse recato alla Geste). Tuttavia è un dato oggettivamente acquisito al processo, che, una volta rientralo a casa, dopo essere nuovamente uscito verso le ore 10,30 con il teste M. a fare il giro dei cimiteri, al ritorno, alle ore 11,30 egli non abbia partecipato alle prime ricerche già in corso. A tale proposito va menzionata la deposizione testimoniale dello stesso M. del 17/11/2012 il quale conferma che alle 11.30, una volta rincasati il Logli non partecipò alle ricerche già avviate dai carabinieri presenti e con suo sommo stupore invece chiese loro di verificare l’ora della sveglia sul telefonino della moglie. Il teste ricorda benissimo che né Antonio né il padre parteciparono alle ricerche con i cani. Nel frattempo il sindaco di San Giuliano Terme e il suo collega C. , gli riferivano che i due non volevano divulgare notizie fotografie sulla scomparsa, anche se nel frattempo D. L. unitamente a suo figlio V. creavano un profilo Facebook contattando la trasmissione “Chi l’ha visto” che però chiedeva una copia delle denuncia di scomparsa.
Affermava il teste M. che il C. in quell’occasione richiamò la sua attenzione su un graffio presente sulla fronte dell’imputato e commentava “non l’ha mica ammazzata lui ?”. Lo stesso M. nei giorni successivi riferì cli aver notato questo particolare.
Sul punto è conforme la deposizione del teste F. C, del 22 apri le 2013 che, recatosi presso l’abitazione dell’imputato alle ore 11.30 non vi aveva trovato né il Logli né suo padre, solo quest’ultimo, precisava il teste, era rientrato intorno alle 12.00. Si tratta di elementi importanti e di estremo rilievo da tener presenti ai fini del vaglio della deposizione del teste G., ma che vanno fin d’ora segnalati poiché autonomamente indicativi della scarso affidamento dell’imputato nutriva nei confronti delle ricerche, a quel momento, solo informalmente avviate in mancanza di una ufficiale denuncia di scomparsa.
Quanto ai graffi notati sul volto dell’imputato e segnalati dai testi M. e C., oltre che dalla teste L. e dal comandante della stazione di polizia municipale di S Giuliano Terme, è sufficiente qui segnalare come il contrasto tra le due diverse spiegazioni offerte dall’imputato, già segnalato in sentenza, non è sanato dalla costatazione, assunta dalla difesa a mo’ di scusa che il Logli non sarebbe stato tenuto a fornire giustificazioni alla L., come a dire che avrebbe potuto ( ma per quale motivo ?) anche mentire.
E’ a questo punto che la corte esamina uno dei punti più discussi del processo, ovvero le principali testimonianze contro Antonio Logli, come spiegato nell’articolo: