La drammatica vicenda di Valentina Pitzalis, come ho avuto modo di raccontare più volte su questo blog si è caratterizzata negli ultimi anni per una continua campagna diffamatoria nei suoi confronti.
Accuse e bugie che hanno tratto forza dall’inchiesta aperta dalla procura di Cagliari a seguito di una denuncia presentata dai genitori dell’uomo che ha cercato di ucciderla dandole fuoco nel 2011 Manuel Piredda, Roberta Mamusa e Giuseppe Piredda.
Per mantenere viva la pressione su Valentina e per cercare di accreditare come vere le loro ipotesi accusatorie, spesso le loro fantasie, il loro desiderio di vendetta, hanno sostenuto per mesi che le indagini stavano dando loro ragione, confermando a pieno le loro tesi, ovvero che la Pitzalis fosse in realtà l’assassina di Manuel.
Lo hanno fatto pur sapendo che le indagini, le perizie e l’incidente probatorio stavano dimostrando altro. Lo hanno fatto travisando ciò che stava accadendo, riportandolo in modo parziale e fuorviante, secondo uno schema ben noto a chi conosce questa vicenda, testimoniato dalle condanne già ricevute dalla Mamusa proprio in merito a passate manipolazioni e diffamazioni.
Quando su questo blog, ma anche sulle pagine di Roberta Bruzzone e Selvaggia Lucarelli è stata raccontata la verità su quanto stesse accadendo, siamo tutti stati accusati di essere dei bugiardi. Siamo stati dileggiati, insultati, minacciati e denunciati.
A nulla è servito pubblicare qui documenti ufficiali, o raccontare nelle mie inchieste l’andamento delle indagini e dell’incidente probatorio, facendolo sulla base dei verbali d’udienza.
E’ sempre stato detto e scritto che questo blog era pieno di menzogne.
Oggi un Giudice ha accolto e sottoscritto la richiesta di archiviazione delle accuse contro Valentina Pitzalis presentata dalla Procura di Cagliari. Oggi un giudice ha sancito l’innocenza di Valentina Pitzalis. Oggi un giudice ha scritto che quello che avevo raccontato non erano bugie.
E allora eccovi parte del dispositivo del Gip Muscas. Un sunto ovvio, ma le parole sono le sue, quelle del documento ufficiale. Sono gli estratti delle pagine finali, dove risponde alle obbiezioni presentate dai legali dei Piredda sulla base delle quali hanno fatto opposizione alla richiesta di archiviazione. Opposizione respinta.
Ho diviso io, dando dei titoli, le considerazioni del Giudice in capitoli.
Consiglio la lettura a tutti, soprattutto a tutti coloro che per anni hanno creduto alle parole di Roberta Mamusa.
LE CONCLUSIONI DEL GIP A FRONTE DELLE RICHIESTE E DELLE OBBIEZIONI AVANZATE IN SEDE DI OPPOSIZIONE ALLA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE DA PARTE DEI PIREDDA
Naturalmente tutte le verifiche hanno risentito del tempo trascorso che ha vanificato, almeno in parte, gli approfondimenti investigativi che, tuttavia, hanno raggiunto un grado di certezza tale da non richiedere alcun ulteriore approfondimento che si rivelerebbe del tutto inutile.
In questa sede, infatti, ciò che rileva è valutare se alla luce degli elementi raccolti, sussistano i presupposti per sostenere una accusa a carico di Valentina Pitzalis ovvero se eventuali indagini suppletive, come richieste dagli opponenti, potrebbero avere una qualche utilità. In proposito si osserva che, a differenza di quanto sostenuto dagli opponenti che hanno chiesto l’imputazione coatta, un eventuale dibattimento non può avere contenuto esplorativo e, anzi, l’esercizio dell’azione penale, lungi dal costituire un accanimento giudiziario. si deve basare su solidi e inequivoci elementi a carico dell’indagata che, nel caso in esame. risultano del tutto insufficienti; peraltro, come si avrà modo di esaminare, nessuno degli elementi investigativi proposti o comunque ipotizzabili, sarebbe mai in grado di creare un valido ed efficace supporto probatorio a carico della Pitzalis.
Non si vuole certo in questa sede negare che all’esito delle accurate indagini che hanno caratterizzato questo procedimento, di certo proprio a causa del tempo trascorso, residuino margini di dubbio e di incertezza sulla effettiva e reale dinamica dei fatti, ma questi non devono essere letti ed interpretati, necessariamente. come un elemento a carico della Pitzalis, essendo invece ben possibile che tempestivi e immediati accertamenti sullo stato dei luoghi e anche autoptici, avrebbero consentito di ricostruire con assoluta certezza quanto effettivamente avvenuto e quindi di spiegare alcune anomalie emerse a seguito dell’incidente probatorio.
IL CELLULARE DI VALENTINA E L’AGGUATO
Come sopra detto, è stata disposta perizia tecnica sul cellulare di Valentina Pitzalis, al fine si estrapolare messaggi nonché verificare chiamate e contatti. Tale accertamento si è rivelato particolarmente significativo perché ha sostanzialmente confermato, sotto molti profili, quanto riferito fin dal maggio 2011 da Valentina Pitzalis.
Nella parte espositiva si è dato atto del contenuto dei messaggi, ed è emerso chiaramente che il Piredda avesse ripetutamente e insistentemente sollecitato Valentina ad andare a casa sua per consegnarle un documento ed è anche emersa la resistenza di Valentina la quale, dovendo ancora terminare di lavorare, non avrebbe voluto assecondare Manuel.
Gli opponenti hanno sottolineato l’importanza del fatto che gli accertamenti stano stati eseguiti ad anni di distanza e ciò ha precluso l’acquisizione dei tabulati, l’individuazione delle celle agganciate dai cellulari, e, soprattutto, è stato rimarcato il fatto che era stato oggetto di analisi solo il cellulare della Pitzalis, posto che quello del Piredda è stato danneggiato dalle fiamme (almeno così si rileva dalle fotografie) e comunque è stato ormai distrutto. Tutto ciò è senz’altro vero, ma anche in questo caso deve rilevarsi che tali lacune sarebbero comunque incolmabili e di certo nessun nuovo elemento potrebbe emergere in sede dibattimentale; in ogni caso, tali mancanze, come sopra detto, non possono certo trasformarsi in elementi a carico della Pitzalis, essendo invece ben possibile (e anzi molto probabile) che indagini tempestive sarebbero state dirimenti.
Allo stato, le risultanze della perizia non lasciano alcun dubbio sul fatto che l’incontro sia stato una iniziativa del Piredda che, insistentemente e anche prepotentemente (“no vale,mi serve oggi! Aspetto ke finisci poi portamelo‘“).aveva preteso che Valentina andasse a casa sua a Bacu Abis dopo il lavoro, sostenendo, falsamente. che avrebbe dovuto incontrare l’avvocato alle 9,00 per consegnargli il famoso documento.
Di certo non è determinante il fatto che tale documento non sia stato trovato; Valentina Pitzalis in occasione della sua audizione a SIT il 27 maggio 2011 ha espressamente dichiarato di non ricordare se gli avesse dato in mano il documento, ovvero se lo avesse poggiato ed essendo stata l’abitazione, come è noto, investita da un incendio non si può certo escludere che tale documento sia andato a fuoco o comunque, data la particolare frenesia dei primi soccorsi. sia caduto in terra e poi andato disperso. Si deve ricordare che anche il sopralluogo non è stato particolarmente accurato e dettagliato e il materiale fotografico risulta carente, pertanto è ben possibile che anche il mancato rinvenimento del documento sia una conseguenza delle lacune investigative senz’altro non più colmabili che, comunque, deve ancora ribadirsi, non possono ripercuotersi sulla difesa di Valentina Pitzalis che peraltro, in questa fase, è sempre stata collaborativa.
Al fine di screditare l’esito delle operazioni peritali, la difesa degli opponenti ha ipotizzato l’utilizzo da parte della Pitzalis, di uno strumento disponibile sul web “srns spoofing” o “sms proofing” che permetterebbe di inviare messaggi alterando il numero di telefono del mittente, strumento, a dire della difesa di facile utilizzo e che non richiede competenze informatiche avanzate. A prescindere dal fatto che non appare seriamente credibile che la Pitzalis fosse in grado di utilizzare tale sistema, né che avesse la disponibilità di idonea strumentazione, si deve comunque rilevare che si tratta di una mera ipotesigià messa seriamente in discussione dal perito ( …potrebbeessere anchesuccesso, però dovrebbe essere successo in quel momento,in quella ora“..), non suffragata da alcun elemento probatorio e neppure indiziario; peraltro, in considerazione del fatto che l’utilizzo di tale strumento potrebbe essere verificato solo attraverso l’esame dei tabulati che non è più possibile, è evidente che si tratta comunque di una strada investigativa non percorribile.
Ancora si deve osservare che l’utilizzo di tale sistema presupporrebbe una attenta e dettagliata programmazione del delitto e ciò si scontra con altre risultanze probatorie; in particolare si deve osservare che di certo una pericolosa criminale quale dovrebbe essere la Pitzalis per programmare un così brutale omicidio, non sarebbe certo incorsa nell’errore di creare quale motivazione per la visita a casa del Piredda la consegna di un documento che poi non avrebbe fatto ritrovare e, tanto meno, avrebbe reso dichiarazioni confuse/contraddittorie o facilmente aggredibili a fronte di tempestive indagini.
Pertanto. pur prendendo atto delle perplessità rilevate dagli opponenti e concordando con loro sul fatto che sarebbero state opportune indagini tempestive, deve comunque ritenersi che l’esito della perizia informatica costituisca un tassello fondamentale per ricostruire quanto accaduto la sera dei fatti che, in sostanza, conferma quanto riferito dalla Pitzalis.
LE FERITE DI VALENTINA
Come sopra esposto, proprio la compatibilità delle lesioni con la dinamica riferita da Valentina Pitzalis, è stata oggetto di acceso dibattito tra le parti; i Consulenti dei Piredda hanno rilevato numerose anomalie sotto vari profili: per la dislocazione delle lesioni. per il limitato coinvolgimento del cuoio capelluto che sarebbe incompatibile con il getto “dall’alto” della benzina, per il mancato rinvenimento dell’innaffiatoio al quale la Pitzalis aveva fatto riferimento, per la zona dell’abitazione nella quale è stata trovata dai soccorsi. per la possibilità di vedere, come da lei riferito, il corpo del Piredda, al punto che la difesa degli opponenti ha senz’altro concluso sostenendo che tali lesioni sarebbero una conseguenza di un “ritorno di fiamma“.
Anche sotto tale profilo non vi è alcun dubbio sul fatto che indagini tempestive avrebbero permesso di fugare qualunque dubbio sull’accaduto, creando anche maggiore serenità nei prossimi congiunti di Manuel Piredda; un più accurato sopralluogo. l’esame dei vestiti indossati in quel contesto da Valentina Pitzalis (che invece sono stati distrutti) che avrebbe permesso di accertare se il materiale rappresentasse un accelerante ovvero uno scudo. avrebbero costituito senz’altro elementi fondamentali, ma in assenza di ciò e sulla base di quanto emerso in sede di indagini e di incidente probatorio, l’ipotesi accusatoria quale formulata dagli opponenti risulta priva di qualunque riscontro.
Valentina Pitzalis, si ricorda, non ha mai detto che Manuel le aveva gettato addosso la benzina dall’alto verso il basso, bensi. anche in sede di sommarie informazioni aveva dichiarato, rispondendo alla domanda dei carabinieri ·’ .. con la parte davanti . .‘‘, risposta senz’altro imprecisa ma a seguito della quale non le sono state chieste ulteriori spiegazioni. Peraltro, nell’intervista televisiva rilasciata nella trasmissione “Segreti e Delitti” in data 20 aprile 2014, quindi in un momento in cui non esisteva alcuna indagine a suo carico, Valentina Pitzalis aveva specificato che il liquido “le era arrivato infaccia perché lui l‘aveva lanciato così (aveva fatto il gesto con la mano destra dal basso verso l’alto)“ .. io ricordo un innaffiatoio“.
Pertanto. come rilevato anche dai Periti, in considerazione del fatto che le lesioni riscontrate sono compatibili con un lancio, frontale, del liquido infiammabile, non vi sono elementi per ritenere che Valentina Pitzalis abbia volutamente mentito nel riferire i fatti.
Neppure può affermarsi con un margine di certezza che potrebbe giustificare l’esercizio dell’azione penale, che la stessa, date le lesioni agli occhi, non potesse aver visto il corpo di Manuel Piredda; a prescindere dal fatto che la circostanza non è certo determinante e che potrebbe trattarsi anche di un falso ricordo, si deve rilevare che la Dott.ssa Alma Posadinu, Responsabile del centro Grandi Ustioni di Sassari che ha preso in cura la Pitzalis immediatamente dopo il trasporto (sentita dalla difesa della Pitzalis in sede di indagini difensive) ha specificato che subito dopo l’evento ustionante “sicuramente Valentina era in grado di usare il muscolo elevatore delle palpebre” tanto è vero che lei in sede di visita era riuscita a intravedere i bulbi oculari e ha aggiunto che, perché si verifichi ‘un fenomeno di opacamento della cornea e di chimosi congiuntivale può passare anche un ‘ora,per cui Valentina era in grado di vedere durante il fatto “.
La questione è senz’altro controversa, ma di certo, nessuna ulteriore attività potrebbe fugare tale dubbio, peraltro di modesta rilevanza ai fini accusatori.
LA MORTE PER ASFISSIA
Naturalmente tali conclusioni hanno determinato un acceso dibattito tra gli esperti; ciò non tanto sulla causa finale della morte, e cioè l’asfissia, avendo tutti convenuto sul fatto che il Piredda non sia morto nell’incendio avvolto dalle fiamme. ma soprattutto, sulla causazione dell’ asfissia, se determinata da fumi, da confinamento, ovvero, come sostenuto dai Consulenti dei Piredda in particolare dal Prof. Fineschi (non essendo stata riscontrata alcun tipo di lesione sul corpo del Piredda), si sia trattato di asfissia meccanica provocata da un oggetto molle o avvolgente (mani, cuscino o altro similare).
Appare evidente che alla luce di quanto sopra esposto, non vi sia elemento alcuno per attribuire una qualche responsabilità della morte del Piredda a Valentina Pitzalis; gli stessi Periti, infatti, hanno ben chiarito che tutti gli accertamenti eseguiti hanno dei limiti e per tale ragione hanno indicato, con ragionevole certezza, le cause di esclusione della morte. aggiungendo che “si può solo ragionevolmente supporre” che la morte sia da attribuirsi all’asfissia, senza tuttavia essere in grado, avuto riguardo alle condizioni del corpo. di individuare con maggiore precisione “la genesi del meccanismo asfittico“,
Né si può ritenere che gli approfondimenti investigativi suggeriti negli atti di opposizione possano colmare le profonde e inevitabili lacune che derivano dalla tardività degli accertamenti.
IL CIUFFO DI CAPELLI NELLE MANI DI MANUEL
Gli opponenti, esaminato il materiale fotografico quale allegato alla relazione peritale (in particolare le foto 95 e 96) hanno posto l’attenzione sul “ciuffo di capelli” che. a loro giudizio, sarebbe chiaramente visibile nella mano sinistra del Piredda e hanno addirittura sollecitato un’altra esumazione del cadavere per analizzare il reperto; sul punto si osserva che alle operazioni peritali hanno partecipato tecnici ed esperti qualificati (compresi i Consulenti dei Piredda) ai quali non potrebbe certo essere sfuggito un dettaglio di tale importanza; è evidente che se tale “ciuffo” avesse avuto un qualche rilievo sarebbe stato notato e analizzato. per cui la circostanza che non si sia proceduto in tal senso dimostra che, da tutti i presenti, non è stato valutalo come rilevante scientificamente. Deve aggiungersi che, come si rileva dall’analisi dell’intero materiale fotografico dal quale risultano tutte le fasi delle operazioni e, pertanto anche la posizione del cadavere, la mano sinistra del Piredda si trovava sotto il corpo .. intrisa nei liquami presemi nel fondo della cassa” (vedi relazione peritale pag. 22). È quindi evidente, dato il tempo trascorso e le condizioni riscontrate, che il “ciuffo” rilevabile dalla fotografia, non poteva essere di capelli. ma eventualmente tessuto, ovvero peli pubici portati in superficie sopra la mano e certo non incastrati nelle dita, dato che residuano solo le nocche. Deve pertanto escludersi qualunque rilevanza dell’accertamento richiesto.
LE STRISCIATE SUL MURO
Del pari irrilevanti e comunque, allo stato non utili, devono ritenersi gli accertamenti “sulle strisciate nel muro” quali si rilevano dalle fotografie. Sul punto gli opponenti rilevano che la strisciata della mano insanguinata non potrebbe essere quella di Manuel, le cui dimensioni e lesioni sarebbero incompatibili, bensì si tratterebbe della mano di Valentina (o di un terzo secondo la difesa del Piredda), la quale pertanto, sarebbe stata vìcìno a Manuel e proprio in quel frangente si sarebbe bruciata dopo aver dato fuoco al corpo del marito. Tale accertamento investigativo deve ritenersi del tutto impraticabile; dato il mutamento dello stato dei luoghi, ciò che si sollecita, sarebbe una comparazione eseguita su fotografie, nelle quali è riportato quello che, all’epoca, ì carabinieri avevano indicato come “traccia ematica” e che, oggi. non può in alcun modo essere riscontrato; peraltro, il confronto delle mani, in considerazione del deterioramento delle mani del Piredda, ma anche della Pitzalis alla quale è stata amputata la mano sinistra e la cui mano destra risulta visibilmente deformata, sarebbe in concreto impossibile. Né la cosiddetta strisciata di sangue rilevata sul muro permette di comprendere con un grado di ragionevole certezza, se la mano sia stata poggiata per intero, ovvero solo parzialmente ed evidentemente ciò sarebbe indispensabile per valutarne le dimensioni.
Anche sono tale profilo, pertanto, deve rilevarsi l’inutilità delle integrazioni investigative sollecitate dagli opponenti.
LE CONTRADDIZIONI DI VALENTINA E I TESTIMONI DEI PIREDDA
Ben poco peso probatorio può attribuirsi alle discrasie e/o contraddizioni rilevate dalla difesa degli opponenti tra le di dichiarazioni di Valentina Pirtzalis e quelle dei familiari, ovvero tra quelle degli stessi familiari e altre rese da persone informate sui fatti improvvisamente e tardivamente comparse sulla scena. E’ evidente che accertare se i genitori della Pitzalis sapessero che Valentina era andata da Manuel ( circostanza che potrebbero aver appreso la stessa sera dalla sorella Francesca), se il bar nel quale lavorava avesse chiuso alle 22.00 o più tardi se fosse stata accompagnata a casa dal datore di lavoro Giovanni Giganti. ovvero dalla sorella Francesca non risulta certo dirimente. Si tratta di circostanze marginali sulle quali vi sono state molteplici versioni, anche a distanza di molti anni dai fatti da parte di persone che. se veramente avessero avuto notizie rilevanti si sarebbero fatte avanti nell’immediatezza o comunque subito dopo l’avvio dell’indagine a carico della Pitzalis e non a seguito di un incontro casuale con componenti della famiglia Piredda. Tale discorso è senz’altro valido per G. M. relativamente al quale si chiede un confronto con Giuseppe Piredda e con O. L. , moglie del datore di lavoro di Valentina Pitzalis che. peraltro dovrebbe riferire solo circostanze apprese dal defunto marito; ma a maggior ragione risulta ben poco rilevante il confronto tra M. G. P. e Mamusa Roberta con particolare riferimento a quanto la P. avrebbe dichiarato in un casuale incontro in cimitero nell’estate 2019 e poi in una telefonata circa il fatto che “una cliente” le avrebbe confidato di aver visto la sera dei fatti Francesca Pitzalis depositare una tanica nelle scale di fronte all’abitazione di Manuel Piredda. Si deve in proposito ricordare che a seguito di delega del P.M. è già stata disposta l’audizione a SIT della P., la quale in quel contesto, ha in gran parte negato la circostanza sostenendo che tale specifico episodio le sarebbe stato raccontato da una persona della quale non ricordava il nome. È evidente che non avendo mai dichiarato il nominativo della fantomatica testimone, tale rivelazione non si può ottenere in un confronto e, in ogni caso, si tratterebbe di una teste totalmente inattendibile. In proposito deve segnalarsi che neppure la difesa dell’opponente da credito alla “rivelazione” della P., al punto che ipotizza che non una terza persona, bensì lei stessa avrebbe visto la Pitzalis depositare la tanica nelle scale e a tal fine sollecita un sopralluogo presso l’abitazione della P. per verificare se potesse vedersi lingresso dell’abitazione del Piredda. È evidente che tale sopralluogo non avrebbe alcuna utilità, posto che se anche l’ingresso fosse visibile, tale elemento non sarebbe comunque sufficiente per dimostrare che effettivamente la Pacini abbia visto qualcosa di rilevante, né, anche in questo caso, un eventuale dibattimento potrebbe fornire utili elementi a carico.
L’ ANNAFFIATOIO
Solo un cenno si impone relativamente al presunto “innaffiatorio” i cui resti, combusti, sarebbero stati trovati all’esterno dell’abitazione di Manuel Piredda; tale circostanza è stata ritenuta particolarmente rilevante dagli opponenti perché dimostrerebbe la rispondenza al vero di quanto riferito dalla Pacini alla Mamusa; in realtà se si volesse ritenere che l’oggetto rappresentato nella fotografia in atti sia effettivamente un innaffiatoio (foto CC elaborata dal Ris) sarebbe in realtà una conferma di quanto sempre riferito da Valentina Pitzalis, la quale, si ricorda, ha costantemente sostenuto di ricordare che Manuel le avesse lanciato il liquido infiammabile attraverso un innaffiatoio e di certo non è determinante che sia stato trovato all’esterno: si deve infatti ricordare la particolare frenesia del momento, la necessità di soccorsi immediati per la Pitzalis e ciò in un ambiente ancora saturo di fumi e al buio; è quindi possibile che chiunque, soccorritori, carabinieri, abbiano involontariamente spinto all’esterno l’oggetto (innaffiatoio o altro) che senz’altro, se combusto, doveva trovarsi nel!” appartamento al momento dell’ incendio.
LE CONCLUSIONI
Sulla base di quanto sopra deve concordarsi con le argomentazioni del P.M. circa l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’azione penale nei confronti di Valentina Pitzalis e ciò per l’assoluta inconsistenza di quelli che gli opponenti ritengono elementi a carico. Inoltre, come sopra rappresentato, in considerazione dell’attività investigativa disposta dal P.M. e degli approfondimenti svolti in sede di incidente probatorio, qualunque dovesse risultare l’esito delle integrazioni investigative richieste, il quadro indiziario risulterebbe comunque estremamente carente e di certo inadeguato a sostenere qualunque accusa in giudizio.
Per le ragioni esposte deve essere disposta l’archiviazione del procedimento e la restituzione degli atti al P.M.
Credo che resti poco altro da dire, se non che Valentina Pitzalis ha sempre raccontato la verità. Che Roberta Mamusa da anni la accusa senza una sola prova che possa dichiararsi tale.
Non lo dice piu’ solo valentina Pitzalis
Da oggi lo ha ribadito un Giudice.